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Cultura e Società

Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male”

Paolo Emanuele · 10 anni fa

"Noi cristiani non possiamo giocare la parte di Pilato, lavarci le mani, non possiamo, dobbiamo immischiarci nella politica perché la politica è una delle forme più alte di carità perché cerca il bene comune, i laici cristiani devono lavorare in politica". Così Papa Francesco parlava nell’Aula Paolo VI agli allievi delle scuole dei Gesuiti di Italia e Albania. Questo pensiero profondo, pratico piuttosto che teorico, sta al centro della natura della civiltà occidentale, di quella vera, quella che dovrebbe avere al suo apice l’uomo, inteso come creatura razionale. Attraverso il comportamento personale e collettivo, egli, potrebbe donare ordine a tutto il creato! Ma, non può sussistere ordine laddove cedono le basi fondamentali e necessarie al mantenimento di una civiltà, intesa nell’accezione più eloquente che il termine stesso possa esprimere. Con questo semplice pensiero il Romano Pontefice chiarisce ciò che oggi manca nella nostra società: l’ordine, la giustizia e la carità.

La nostra piccola riflessione vuole analizzare i tre termini in rapporto anche alla natura umana , di certo non perfetta ma senza dubbio perfettibile, già Immanuel Kant nei suoi “ Scritti politici” descriveva l’uomo come “ un legno storto dal quale non può uscire nulla di veramente ritto”. A conferma di ciò si potrebbero citare gli indubbi fallimenti politici, sorti sopra tutto nella prima metà del Secolo scorso.

Comunque giungiamo all’analisi dei tre termini e seguiamo delle veritiere linee interpretative:

Ordine vuol dire: disposizione regolare di più cose collocate, le une rispetto alle altre, secondo un criterio organico e ragionato, rispondente a fini di praticità, di opportunità, di armonia. Tale criterio si può ben identificare nella prassi pura divina prim’ancora che in quella umana : la creazione, lo schema ordinato messo in atto da Dio è una chiara rappresentazione di ciò. L’uomo deve tendere al divino e quindi anche nella prassi riguardante il bene comune non può tenere fuori dalla verità dialettica, argomentativa ed esecutiva quella che è caratteristica fondamentale dell’uomo: l’ordine. Quell’ordine con il quale il creato è in armonia, quell’ordine con il quale Dio creò due esseri di natura complementare che attraverso il compimento del disegno divino ,furono espressione di libertà e di volontà ,ma anche di penitenza e di perdono benché di primordiale analisi politica. Così, l’uomo comprende che il suo agire condiziona il mantenimento dell’ordine tutto creato e rispettato da Dio e senza dubbio comprende che se non mantiene un ordine e non rispetta la sua vera natura ontologica arriverà all’autodistruzione. In una vero agire umano, quindi collettivo e anche politico, l’uomo non può non considerare il valore basilare dell’ordine.

Giustizia vuol dire: principio morale, virtù, consistente nel dare a ciascuno il dovuto, nel giudicare con equità. Essa è quindi la qualità corrispondente alla verità che il nostro agire ordinatamente assume. Non si può esercitare ordine pratico e morale se prima non si pratica giustizia. è questo il punto: praticare giustizia. Praticarla negli atti personali come in quelli collettivi ma quello che sopra tutto, oggi manca al mondo è la pratica morale di questa grande virtù. Un passo del Libro IV de “ La Repubblica” di Platone ci fornisce una eloquente descrizione del termine:

" La giustizia... è quacosa che riguarda veramente l'io e le sue funzioni, una condotta tale da non permettere che ogni parte di sé svolga funzioni altrui e che invece l'individuo disponga bene ciò che gli è realmente proprio, esercitando il potere su di sé, che significa anche ordine interiore e amicizia con se stesso, e armonizzando le tre parti (tripartizione dell'anima) esattamente come le tre note dell'armonia, la più bassa, la più alta e la media, ed eventualmente altre intermedie se ne esistono." Da qui possiamo evincere chiaramente come i due principi già citati non possono non essere interdipendenti tra di loro.

Carità vuol dire: L’amore che, secondo il concetto cristiano, unisce gli uomini con Dio, e tra loro attraverso Dio. è questa la peculiarità dell’essere cristiani: praticare la carità verso l’altro ed incredibilmente essa ci porterà all’incontro con il Divino. Anche in questo caso per comprendere al meglio il termine carità, ci rivolgiamo alla grande enciclica di Benedetto XVI, “Caritas in veritate”, in cui l’attuale Papa emerito rivolge al mondo il seguente pensiero “La carità è amore ricevuto e donato. Essa è « grazia » (cháris). La sua scaturigine è l'amore sorgivo del Padre per il Figlio, nello Spirito Santo. è amore che dal Figlio discende su di noi. è amore creatore, per cui noi siamo; è amore redentore, per cui siamo ricreati. Amore rivelato e realizzato da Cristo (cfr Gv 13,1) e « riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo » (Rm 5,5). Destinatari dell'amore di Dio, gli uomini sono costituiti soggetti di carità, chiamati a farsi essi stessi strumenti della grazia, per effondere la carità di Dio e per tessere reti di carità.”

Non possiamo non dedurre dalla seguente riflessione almeno un auspicio: quello che il mondo, e sopra tutto quello occidentale per affinità culturale e storica, riprenda in mano le basi su cui esso è fondato nonché i veri valori da cui esso è sorretto. Un pensiero che scaturisce dal 1 libro dei Re è necessario citarlo per la conclusione della nostra riflessione : “Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male”.