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Mater Ecclesiae

La Vergine Maria nella vita dei sacerdoti

Don Giuseppe Fazio · 4 anni fa

“Non c'è molto amor di Dio in quella parrocchia, voi ce ne metterete”: con queste parole san Giovanni Maria Vianney (1786-1859) riceveva dal suo Vescovo, nel 1818, il mandato di Parroco di Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti, dove rimase per 40 anni. Papa Giovanni XXIII nell'Enciclica “Sacerdotii nostri primordia” del 1 Agosto 1959 scriveva: «Anzitutto osservate la povertà dell'umile Curato d'Ars, degno emulo di San Francesco d'Assisi, di cui fu nel Terz'Ordine un fedele discepolo. Ricco per dare agli altri, ma povero per sé, visse in un totale distacco dai beni di questo mondo e il suo cuore veramente libero si apriva largamente a tutte le miserie materiali e spirituali che affluivano a lui. "Il mio segreto - egli diceva - è semplicissimo: Dare tutto e non conservare niente". Il suo disinteresse lo rendeva premuroso verso i poveri, soprattutto quelli della parrocchia, ai quali dimostrava un'estrema delicatezza, trattandoli "con vera tenerezza, con molti riguardi, si deve dire con rispetto". Raccomandava che non bisogna mai mancare di riguardo ai poveri, perché tale mancanza ricade su Dio; e quando i miseri bussavano alla porta, egli era felice di poter loro dire, accogliendoli con bontà: "Io sono povero come voi; sono oggi uno dei vostri! ". Alla fine della vita amava ripetere: "Sono contentissimo: non ho più niente e il buon Dio può chiamarmi quando vorrà"». Il santo Curato d'Ars traeva la forza e la gioia di donarsi totalmente per il bene dei suoi parrocchiani nell'Adorazione Eucaristica e nella devozione mariana, a cui già era stato iniziato dalla madre fin dall'infanzia. Possedevano infatti una rustica statuetta di legno presso la quale si ritiravano in preghiera quotidianamente. Riguardo alla Madonna, dichiarò di averla «amata prima di conoscerla, è il mio affetto più antico» (R. Fourrey, Vita autentica del curato d'Ars, Cinisello Balsamo, 2009, p. 23). Papa Giovanni XXIII, nell'enciclica citata, confermava tale sincera e vivissima devozione del santo curato d'Ars verso la Vergine Maria, al punto che già nel 1836 (18 anni prima della definizione dogmatica dell'Immacolata Concezione) aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato e nelle sue omelie spesso ricordava ai suoi fedeli che «Gesù Cristo dopo averci dato tutto quello che ci poteva dare, vuole ancora farci eredi di quanto egli ha di più prezioso, vale a dire della sua Santa Madre» (cf. Abbè Raymond, Vita, p. 76). Il santo curato d'Ars, come sappiamo, fu proclamato patrono dei Parroci da papa Pio XI nel 1929 e di tutti i sacerdoti del mondo da papa Benedetto XVI nell'anno sacerdotale 2009. Nel corso dell'Angelus del 15 Agosto 2009 il Papa sottolineava lo zelo del santo curato d'Ars che «mosso da anelito apostolico, gioisce nel parlare di Maria ai fedeli, e non si stanca mai di farlo». Era quindi vitale per il patrono dei parroci guardare a Maria come modello perfetto della propria esistenza. Ciò è vero per tutti i sacerdoti, come afferma la “Presbyterorum ordinis” al numero 18: «per poter alimentare in ogni circostanza della propria vita l'unione con Cristo, i Presbiteri, oltre all'esercizio consapevole del ministero dispongono dei mezzi sia comuni che specifici, sia tradizionali che nuovi, che lo Spirito Santo non ha mai cessato di suscitare […]. Un esempio meraviglioso di tale prontezza lo possono sempre trovare nella beata Vergine Maria, che sotto la guida dello Spirito Santo, si consacrò pienamente al mistero della redenzione degli uomini. Essa è la Madre del Sommo ed Eterno Sacerdote, la Regina degli Apostoli, l'Aiuto dei Presbiteri nel loro ministero: essi devono quindi venerarla e amarla con devozione e culto filiale». L'aggettivo “filiale” non è pietismo, né sentimentalismo che non incide sulla vita, bensì è obbedienza al dono di Cristo, secondo la mutua consegna-accoglienza tra Maria e il discepolo amato, per volere testamentario del Redentore (cf. Gv 19,25-27). Infatti non deve sfuggire che Maria non è soltanto modello di donazione al Redentore e ai redenti, ma, in quanto Madre, è matrice che genera nei sacerdoti, che l'accolgono e l'amano con amore “filiale”, la conformità al Cristo suo Figlio. Per questo Giovanni Paolo II, ha esortato spesso tutti i sacerdoti a vivere sempre in unione alla Vergine Maria pregando e contemplando quotidianamente i misteri del Rosario. Infatti nell'Encliclica “Rosarium Virginis Mariae” (16 ottobre 2002) al numero 43 afferma con chiarezza: «Carissimi fratelli e sorelle! Una preghiera così facile, e al tempo stesso così ricca, merita davvero di essere riscoperta dalla comunità cristiana […] Mi rivolgo in particolare a voi, cari Confratelli nell'Episcopato, sacerdoti e diaconi, e a voi, operatori pastorali nei diversi ministeri, perché, facendo esperienza personale della bellezza del Rosario, ne diventiate solerti promotori. Confido anche in voi, teologi, perché praticando una riflessione al tempo stesso rigorosa e sapienziale, radicata nella Parola di Dio e sensibile al vissuto del popolo cristiano, facciate scoprire, di questa preghiera tradizionale, i fondamenti biblici, le ricchezze spirituali, la validità pastorale. Conto su di voi, consacrati e consacrate, chiamati a titolo particolare a contemplare il volto di Cristo alla scuola di Maria. Guardo a voi tutti, fratelli e sorelle di ogni condizione, a voi, famiglie cristiane, a voi, ammalati e anziani, a voi giovani: riprendete con fiducia tra le mani la corona del Rosario, riscoprendola alla luce della Scrittura, in armonia con la Liturgia, nel contesto della vita quotidiana. Che questo mio appello non cada inascoltato!».