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Chiesa

Commento al Vangelo domenicale

Don Pino Fazio · 2 anni fa

Breve commento al Vangelo della VI Domenica del Tempo Ordinario, Anno C (Lc 6,17.20-26)

Gesù, dopo aver eletto i dodici apostoli, torna alla folla numerosa dei discepoli e alla moltitudine pervenuta da territori ebraici e pagani. Si profila la salvezza universale che la Chiesa, nuovo popolo di Dio, porterà all'umanità proclamando la verità e amando tutti con lo stesso amore di Gesù. Il Signore va verso una folla desiderosa di incontrarlo, di essere guarita, liberata e consolata. C'è qui un'allusione a Mosè che scende dal monte per incontrare tutto il popolo d'Israele donandogli la parola di Dio. Gesù pronuncia una grande discorso che è la “magna charta” del Regno di Dio. Le beatitudini sono rivolte a una grande folla che aspettava una vita diversa, nuova, migliore di quella che conduceva, e sperava di poterla trovare in Gesù, da cui afferma il vangelo «usciva una forza che sanava tutti» (v. 19). Gesù non rimane insensibile dinanzi alla sofferenza e proclama beati quei poveri, quei malati, quella gente che piangeva, coloro che erano insultati e rifiutati. È ovvio che tale beatitudine non nasce dalla condizione di miseria o di malattia in cui costoro si trovano ma nel fatto che Dio ha scelto di occuparsi di loro, prima che di altri. Il regno è dei poveri, sin da ora, perché Dio sta con loro. La beatitudine di avere Dio vicino nasce dall'oggettiva condizione di povertà, che intenerisce il cuore del Signore. Così è anche per i malati e i deboli, per i prigionieri e i carcerati. Essi, pur nel dramma e nella sofferenza, non debbono essere più disperati perché Dio li ha scelti come suoi amici e su di loro riversa la sua misericordia. I poveri sono beati anche perché «di nulla sono proprietari se non del cuore, e non avendo cose da donare hanno se stessi da dare, che sono al tempo stesso mano protesa che chiede, e mano tesa che dona, che tutto ricevono e tutto donano» (padre Ermes Ronchi). Al contrario chi è ricco e sazio, chi riceve solo lodi, difficilmente attende un cambiamento radicale della propria vita, difficilmente sente il proprio limite e la radicale debolezza. È facile che pensi di non aver bisogno di nessuno. Per questo il vangelo aggiunge ai quattro «beati voi», altri quattro «guai a voi»: guai a voi ricchi, guai a voi sazi, guai a voi che ora ridete, guai a voi quando tutti vi diranno bene. «Guai», perché in questi momenti è più facile sentirsi autosufficienti e per nulla bisognosi, neppure di Dio. I guai «sono un lamento, anzi il compianto di Gesù su quelli che confondono superfluo ed essenziale, che sono pieni di sé, che si aggrappano alle cose, e non c'è spazio per l'eterno e per l'infinito, non hanno strade nel cuore, come fossero già morti» (padre Ermes Ronchi).