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La parola del Vescovo

S. Giuseppe, vescovo Schillaci: “come Giuseppe, impariamo a prenderci cura degli altri”

S.D. · 3 anni fa

Celebrazione alla casa di riposo "Tamburelli"

“Anche Giuseppe, Maria e Gesù furono costretti a fuggire dall'orrore e dalla violenza di Erode, come tante persone che in queste settimane stanno fuggendo dalla guerra. Dalla guerra che oggi si sta combattendo in Ucraina e dalle tante guerre in ogni parte del mondo di cui non sentiamo parlare. Tante persone, qui, nella nostra città, si sono già rese disponibili ad accogliere. Guardiamo a Giuseppe, padre amorevole e coraggioso, che non ha avuto paura, ma ha avuto fiducia in Dio e si è fatto carico di Maria e di Gesù”. Così il vescovo di Lamezia Terme Giuseppe Schillaci, che ha dato inizio alle celebrazioni della solennità di S. Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, alla casa di riposo “Tamburelli”.
“Pensare a S. Giuseppe, che si è preso cura del Figlio di Dio e di Maria sua Sposa - ha proseguito Schillaci - significa imparare ad assumere un altro stile, passare da noi stessi a Dio, alla cura degli altri, alla disponibilità a custodire gli altri. Giuseppe è uomo giusto che, più che preoccuparsi di sé stesso, sceglie di preservare la vita di Maria, pensa al bene da mettere in atto non a strategie personali o di vendetta. Giuseppe è uomo del silenzio, che non fa tante parole ma medita la Parola, lascia che la Parola prenda spazio nella sua vita e, al momento opportuno, agisce. Perché non basta pronunciare parole: bisogna fare la volontà di Dio, bisogna scegliere il bene. Dovrebbero risuonare per ciascuno di noi le parole che l'angelo disse a Giuseppe: “non temere, non avere paura”. Chiediamo a S. Giuseppe di essere anche noi, come lui, docili cooperatori del mistero di salvezza di Dio”.
Il vescovo ha fatto riferimento alle guerre del passato, vissute in prima persona da molti dei “nonni” ospiti della casa, che mai avremmo pensato di rivivere perché – ha aggiunto ancora il vescovo di Lamezia – “la parola guerra non si dovrebbe neppure pronunciare perché il suo significato è distruzione, annientamento dell'altro. Noi invece siamo chiamati a prenderci cura, a custodire gli altri”.
Al termine della celebrazione, il segretario della Provincia dei Cappuccini di Calabria padre Amedeo Gareri e il direttore Antonello Coclite, a nome degli operatori e dei volontari della cooperativa francescana “Padre Gesualdo”, hanno ringraziato il vescovo per la paterna vicinanza alla famiglia della casa “Tamburelli” e a quanti si prendono cura ogni giorno degli ospiti della struttura