E se la crisi della politica fosse collegata alla crisi della famiglia e, prima ancora, alla crisi dell’uomo? Sono capace di cogliere i bisogni e le esigenze degli altri o mi faccio solo portatore dei miei interessi e di quelli del mio gruppo di riferimento? E ancora: è sufficiente parlare male dei politici o dire che i politici sono tutti uguali o devo interrogarmi su cosa faccio io? Sono alcune delle domande/provocazioni con cui si è conclusa la conversazione dell’avvocato Eugenio Scagliusi, protagonista del secondo appuntamento del forum di Dottrina Sociale della Chiesa sulla polis promosso dalla diocesi lametina.

“Se la democrazia è malata”, come ha detto Papa Francesco in occasione della Settimane Sociali di Trieste, la cura per Scagliusi “è la partecipazione perché il cuore della politica è rendere partecipi gli altri, prendersi cura di ciò che è comune senza avere paura delle difficoltà insite nel bene comune. Occorre rimettere al centro del dibattito pubblico quello che Papa Francesco chiama l’amore politico e ai cattolici compete contribuire al risanamento del cuore “malato” della politica”.  Se certamente occorre respingere il populismo del “sono tutti uguali”, per il legale “una delle cose più deprimenti delle campagne elettorali è il fatto che si trasformano da momenti programmatici e propositivi in operazioni di mera critica all’operato altrui e di denigrazione dell’avversario. Si va avanti per slogan che sono più popolari, la politica è spesso ridotta alla denigrazione di tutti verso tutti”.

Uno dei punti fermi della riflessione di Scagliusi, l’esigenza di superare la separazione tra politica e morale perché “scindere la politica dalla morale significa scindere la politica dalla vita. Vivere politicamente deve trasformarsi in vivere eticamente attraverso gli strumenti del dialogo e dell’azione. Non possiamo immaginare di recuperare la politica se prima non recuperiamo noi stessi, la centralità della dignità dell’uomo, la tensione quotidiana a capire quali sono le esigenze degli altri. Fare politica coincide con la vita, con la presenza  nel mondo, nelle istituzioni, con tutte le difficoltà che ciò comporta.”.

“La cittadinanza nei Cieli” dei credenti, secondo Scagliusi, non significa “ripiegarsi su se stessi e alienarsi dalla vita sociale, ma tutto il contrario: significa essere cittadini, qui e oggi, con lo sguardo rivolto al Cielo. Siamo nella storia e in questa storia dobbiamo imparare a stare, con coerenza, competenza, con quell’umiltà che ci fa cogliere i bisogni e le esigenze altrui”.

“Iniziamo a fidarci dell’esperienza, della competenza e della professionalità altrimenti la politica rischia soltanto di presentare miraggi verso cui correre nel tentativo quasi disperato di salvezza”, ha concluso il relatore indicando come “cura” della politica malata “la legge del logos-amore senza la quale non faremo grandi passi avanti. Forse potremo risolvere qualche problema, ma non riusciremo veramente ad assumerci la responsabilità della realtà incidendo nella storia e nel diritto. Abbiamo bisogno di testimoni che sappiano coniugare etica e politica, rivendicando il primato dell’uomo interiore, il nostro esserci e il dover operare per il comune”.

Ad aprire la conversazione, il vescovo mons. Serafino Parisi che ha ricordato come “l’anima di questi incontri sia il riferimento alla Dottrina Sociale della che non è un concetto astratto, ma si incarna nelle relazioni che si vivono all’interno della polis”. Vivace il dibattito avviato da Scagliusi al termine della relazione, rispondendo alle domande e alle sollecitazioni di diversi cittadini, esponenti delle associazioni e di forze politiche del comprensorio.

Salvatore D’Elia