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Vita diocesana

Don Giacomo Panizza parla ai terziari di San Francesco di Paola sul tema “Accoglienza, misericordia e situazioni di perdono”

Gigliotti Saveria Maria · 8 anni fa

“Nel 1975 ho cominciato qui a Lamezia con una comunità di accoglienza. La parola accoglienza poi io l’ho elaborata in alcuni scritti, in due libri, più un terzo. Ricordate che nell’accoglienza non importa cosa fare, ma è importante esserci. L’accoglienza a volte è asimmetrica, perché mette alla prova il bene che vogliamo a qualcuno”.

Così don Giacomo Panizza, che è intervenuto nella serata di lunedì 25 gennaio nella chiesa di San Francesco di Paola in Lamezia Terme, curata dai Padri Minimi, ad un incontro formativo organizzato dal Terz’Ordine dei Minimi (TOM)/Fraternità di Sambiase, guidato da Gennaro Calidonna.

Giacomo Panizza, 69 anni, bresciano, dal 1975 a Lamezia Terme, dove ha fondato la comunità <> (che, con grande spirito di accoglienza, abnegazione e solidarietà, si occupa di disabili, minori, extracomunitari), è da tutti conosciuto come il <>, per aver avuto il coraggio e la determinazione a prendere in gestione un immobile confiscato alla locale criminalità organizzata.

All’incontro con i terziari dell’Ordine fondato dal Santo taumaturgo calabrese, il sacerdote ha sviscerato a 360° il tema <>, assegnatogli dalla fraternità del TOM.

Introdotto dal Correttore del locale convento dei frati Minimi padre Antonio Casciaro, Panizza ha rimarcato che “nell’accoglienza, qualcuno può anche sbagliare; ma è proprio qui che deve scattare il perdono. Accogliere è stare insieme e stare in crescendo in luoghi, dove –ha aggiunto don Giacomo- posso sbagliare e perdonare. Accoglienza è misericordia, e misericordia è chiedere perdono. C’è poi una situazione difficile di perdono che è quella dei mafiosi, per i quali –ha sottolineato don Panizza- perdonare è assurdo: se un mafioso chiede il pizzo, e quello dice no, il mafioso che fa, lo perdona?”.

La riflessione di don Giacomo Panizza è poi scivolata su alcuni episodi biblici, dove è trattata l’accoglienza: ad esempio con Adamo ed Eva, con Caino…fino a Gesù, quando dice <>, perché “nella Bibbia abbiamo Dio che è Padre, che è misericordia; e la Bibbia è tutto un ricominciare. Misericordia –ha insistito il prete bresciano- è accogliere qualcuno per farlo crescere, per farlo volare; misericordia anche come bontà”. E a questo proposito ha ricordato che “Gesù ha fatto i miracoli per gli altri, mai per se stesso; faceva i miracoli perché glielo chiedevano, o perché si sentiva di farlo”.

Il sacerdote ha poi spiegato alla fraternità dei terziari minimi il senso del perdono passivo e rigenerativo: “il perdono è passivo –ha detto- quando si dà tempo per capire, quando si lascia perdere; il perdono è rigenerativo quando Dio ci aiuta a rimetterci in piedi, ci dà la grazia di rimetterci a testa alta”. Quindi, si è soffermato su quelle che si chiamano “opere di misericordia, che sono antiche quanto la Bibbia”, portando poi a mo’di esempio che “se c’è qualcuno che non viene in chiesa, ma si spende per gli altri, Dio lo sa perché. Altrimenti, che uomo, che donna sei se uno muore di fame, di sete e tu non fai niente! Umiltà vuol dire che se io posso fare delle cose grandi, è perché c’è un pezzo di Dio dentro di me. Misericordia è compassione, cioè sentire le cose che sentono gli altri”.

Panizza ha concluso sottolineando che “nella <> mi son capitate un po’di queste cose, come ad esempio quando ho tenuto nella mia Comunità un tossicodipendente che doveva scontare ancora un po’di carcere, me era malato di Aids: la droga lo aveva portato all’Aids; invece di restare in carcere, negli ultimi mesi di vita è venuto in Comunità da noi, dove si è sentito ben accolto”. Questa è misericordia. E nell’Anno Santo della misericordia, un’opera similare caritatevole non dovrebbe mai venir meno!

Antonio Cataudo