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Attualità

La percezione del dolore nel neonato

Gianfranco Farina · 3 anni fa

Fino a qualche tempo fa, si pensava che il neonato, a causa dell'immaturità delle varie strutture, non fosse in grado di percepire dolore.
Attualmente si pensa che anche il neonato è sensibile allo stimolo doloroso. Infatti pare che fin dalla ventitreesima settimana di gestazione il Sistema Nervoso Centrale è completo per rispondere agli stimoli dolorosi (nocirettivi)mentre altre strutture non sono ancora complete.
Pertanto nella Terapia Intensiva Neonatale il dolore del neonato viene monitorato tramite diverse scale algoritmiche: Frequenza Cardiaca, Frequenza Respiratoria, Saturazione di Ossigeno e Pressione Arteriosa), scale uno o multidimensionali. Contribuiscono anche al sollievo del neonato alcuni accorgimenti ambientali quali: Ambiente tranquillo, contatto fisico, somministrazione di sostanze zuccherine, succhiotto, allattamento al seno. Resta tuttavia prerogativa del personale medico e infermieristico esperto accorgersi del grado di dolore che il neonato presenta.
L'articolo 33 del Codice di Deontologia Medica riferisce quanto segue: “Il medico deve fornire al paziente la più idonea informazione sulla diagnosi, sulla prognosi, sulle prospettive e le eventuali alternative diagnostico terapeutiche e sulle prevedibili conseguenze delle scelte operate. Il medico dovrà comunicare con il soggetto tenendo conto delle sue capacità di comprensione, al fine di promuoverne la massima partecipazione alle scelte decisionali e l'adesione alle proposte diagnostico terapeutiche. Ogni ulteriore richiesta di informazione da parte del paziente deve essere soddisfatta. Le informazioni riguardanti prognosi gravi o infauste o tali da poter procurare preoccupazione e sofferenza alla persona, devono essere fornite con prudenza, usando terminologie non traumatizzanti e senza escludere elementi di speranza.”
Detto articolo racchiude in se tutte le tematiche che il medico pone in essere per comunicare ai genitori qualsiasi diagnosi e prognosi del bambino. La comunicazione infatti è un atto medico e pertanto in rapporto alla prognosi essa può essere agevole o in alcuni casi molto complessa e difficile.
Sta di fatto che quando ad un medico tocca il compito di dare notizie di una prognosi infausta è un momento monto infelice, un momento che non vorrebbe mai capitasse.
Per quanto possa mantenere la “freddezza professionale”, finisce, inesorabilmente, ad immedesimarsi e partecipare al dolore della famiglia. E' un momento tragico!
Il medico stampa nel suo cervello, ricordandola sempre, la frase: “ Mi ricorderò tutta la vita il momento della diagnosi”.
Naturalmente non esiste un comportamento standard del medico per la comunicazione, ognuno ha il proprio metodo in base alla propria esperienza e sensibilità.
In conclusione i caratteri che rendono efficace l'azione di sostegno sono: l'autentica disponibilità, l'accettazione e il rispetto incondizionato dell'altro, l'empatia e l'autenticità.
Questi, ritengo, sono i caratteri fondamentali di una buona e corretta comunicazione che in caso di prognosi infausta, modulano l'effetto doloroso della notizia.