Gesù è sulla strada verso Gerusalemme, si avvia decisamente verso il luogo in cui vivrà i giorni della sua passione, morte e risurrezione.

Due discepoli inviati da lui entrano in un villaggio di Samaritani anticipando il passaggio del Maestro, ma poiché tra Giudei e Samaritani vi era una antica inimicizia e i secondi disprezzavano apertamente i primi, non viene permesso loro di entrare nel villaggio samaritano (nonostante questa opposizione aperta, è interessante osservare come nei vangeli proprio alcuni samaritani diventano vere e proprie icone di fede, ad esempio la donna al pozzo descritta nel vangelo di Giovanni al capitolo 4, l’uomo che soccorse il viandante sulla strada da Gerusalemme a Gerico presente nel vangelo di Luca al capitolo 10, l’episodio del lebbroso sanato che torna a ringraziare descritto nel vangelo di Luca al capitolo 17, etc.). Giacomo e Giovanni, visto il rifiuto dei samaritani e credendo che Gesù sia una sorta di messia terreno che con la violenza faccia rispettare la legge di Dio, chiedono: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Sicuramente nella memoria di Giacomo e Giovanni c’era il ricordo del profeta Elia che invocò fuoco dal cielo sui soldati inviati da re Azachia (cf. 2 Re, 1,10-14). Gesù allora si voltò rimproverandoli esattamente come aveva fatto con i demoni.
Sempre in Samaria Gesù incontra tre persone che chiedono di seguirlo (il numero tre indica la totalità, la completezza: vengono quindi descritte alcune regole per la sequela di Gesù, valide per tutti).
Un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». Gesù mette delle condizioni: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo». Volpi e uccelli sono gli animali insignificanti dal punto di vista biblico, quindi è come se Gesù dicesse: “Se mi vuoi seguire non pensare a onore, carriera o successo. Ma, peggio degli animali più inutili e insignificanti, io non ho neanche una casa, non ho nulla dove posare il capo” (padre Alberto Maggi). Quindi l’esistenza con Gesù è umile e non è mai comoda e programmata.
Il secondo individuo viene invitato direttamente da Gesù alla sua sequela: «A un altro disse: “Seguimi”». Costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». La risposta di Gesù è dura: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio». Al Regno di Dio tutto va subordinato; il padre rappresenta il passato, è come se Gesù dicesse: “Lascia che la gente che vive nel passato – i morti – seppellisca i suoi morti. Tu va e annuncia la novità del Regno”(padre Alberto Maggi). C’è un forte invito a prendere le distanze dalle morte tradizioni, di cui il padre è simbolo e di accogliere il nuovo dinamismo della fede.
Infine il terzo individuo dice a Gesù: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia» (c’è qui sicuramente un riferimento al profeta Eliseo che chiede di salutare i genitori prima di seguire Elia, cf. 1 Re, 19-20). Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». Questa affermazione non significa avere un rapporto distaccato o disumano con la propria famiglia, ma che la nostalgia del passato non è l’atteggiamento del discepolo, che dovrebbe tenere gli occhi fissi sul presente e sul futuro, abbracciando la sfida di lavorare nella storia come si lavora la terra piantando in essa il seme della Parola e andando sempre avanti senza ripensamenti. La sola nostalgia permessa a un cristiano è la nostalgia del Cielo.

Don Pino Fazio