Gratitudine. Questo il termine che ha fatto da filo conduttore al saluto che il vescovo di Lamezia Terme, monsignor Serafino Parisi, ha fatto al termine della sua consacrazione avvenuta stasera a Santa Severina in una piazza attraversata da tanta commozione davanti la concattedrale del centro del Crotonese.

“Gratitudine al Signore – ha detto monsignor Parisi – , alla comunità di Santa Severina, che è stato il luogo della mia formazione umana, spirituale ed anche il luogo delle relazioni, della riflessione, degli incontri culturali. Gratitudine pure alle comunità dove sono stato, ai formatori, ai professori da quelli del classico a quelli dei seminari. Mentre lascio la Chiesa di origine, vorrei rivolgere subito il pensiero alla Diocesi di Lamezia, ai sacerdoti, al presbiterio perchè noi singolarmente siamo poca cosa. Soltanto quando riusciamo a costruire relazioni fraterne abbiamo la certezza di porre quella Parola profetica che la storia pretende da noi. Questa è la sfida che lancio a  me stesso ed al presbiterio. Il richiamo al mio motto ha anche questo risvolto”.

Quindi, un ringraziamento a monsignor Giuseppe Schillaci, vescovo di Nicosia e già vescovo di Lamezia, “che mi lascia il testimone di Lamezia – ha proseguito monsignor Parisi – come lo aveva ricevuto da monsignor Cantafora. A Schillaci chiedo: prega perché io possa avere la tua serenità e la tua mitezza che davvero hanno contraddistinto i tre anni difficili del tuo servizio a Lamezia; difficili per la pandemia cha ancora oggi non va via ma anche per la tua malattia. E pure lì la tua forza è stata di grande esempio. Io, vorrei testimoniare al Signore il ringraziamento che faccio a te davanti a tutti per la bella testimonianza che hai dato e che mi hai voluto consegnare”.

Poi, un accenno alla guerra “assurda” che si sta combattendo a pochi chilometri da noi. “Ecco perché – ha proseguito monsignor Parisi – dovremmo allontanare dalla nostra vita ogni tipo di guerra. Quando pensiamo all’Ucraina, noi di Santa Severina non pensiamo a città come a dei punti su una carta geografica, ma a persone. A quelle che negli anni abbiamo incontrato in questa piazza. Era in questo salotto degli incontri che si respirava aria calda, bella ed è quello che vorrei proporre e che porto dentro di me. Per questo ringrazio questo borgo dove ho fatto incontri significativi come i tanti vescovi di cui porto la serenità dell’incontro”.

Infine, un pensiero alla famiglia. L’asciugamano con cui stasera gli è stato asciugato il sacro crisma, infatti, è un asciugamano ricamato dalla madre di monsignor Parisi: “Questo asciugamano – ha affermato –  mi ricorda la fatica, i sacrifici, l’impegno, la cura nelle piccole cose. Penso a questa asciugamano come ad una parte del corredo che una volta si faceva a rate. Se mio padre e mia madre avessero potuto vedere quell’asciugamano che asciugava il crisma sulla testa avrebbero detto: i nostri sacrifici sono stati ripagati, la nostra vita acquista un senso ulteriore. Dentro quell’asciugamano utilizzata così c’è il senso dell’umiltà. L’asciugamano è anche il senso della nostra vita dalla culla fino alla tomba: è il telo che ci avvolge alla nascita  ed è il telo che ci copre alla fine. L’asciugamano è anche quello della lavanda dei piedi ed è il segno dell’amore che supera il sacrificio e che deve dare il senso alla nostra vita. Spero che possa essere almeno il senso della mia vita”.

Saveria Maria Gigliotti