“Il limite ci insegna ad essere “umani”, non “superuomini”, ad essere veramente corrispondenti a noi stessi. Il limite ci fa comprendere che noi dobbiamo mostrare quello che siamo, non quello che vogliamo far vedere di noi. La testimonianza di Giusy Versace ci dice che il limite che mi costituisce può essere superato, che è possibile reinventarsi non solo nonostante il limite, ma soprattutto attraversando il limite.” Lo ha detto il vescovo monsignor Serafino Parisi intervendo al convegno promosso dall’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica “Antonio Saffioti”, al Polo Tecnologico “Carlo Rambaldi”, con la testimonianza della campionessa paralimpica e senatrice Giusy Versace.

Il presule ha parlato, partendo dalla testimonianza dell’atleta, di “una visione della vita che va al di là della moda, al di là della tendenza ad apparire: la vita è altro e tutte le condizioni della vita sono affrontabili.  C’è una visione della vita per cui l’uomo vale in quanto fa, l’homo faber: questo crea una sorta di onnipotenza per cui se un uomo non è più efficiente, non produce più, viene considerato un peso. Ma l’uomo non è soltanto “faber”, non vale solo perché produce o perché è efficiente. C’è anche altro che esprime l’umanità: l’homo sapiens, l’intelligenza, la sapienza. E quando l’uomo non comprende? Non tutto si può comprendere nella vita e allora vuol dire che anche l’onniscienza non è cosa nostra. E allora c’è un’altra condizione: l’homo patiens, l’uomo che patisce, che soffre. Questa condizione non invalida la dignità dell’uomo, non rende l’uomo un peso bensì una risorsa. Su questo dobbiamo giocare la nostra scommessa educativa: sulla  consapevolezza che quando scopriamo le nostre instabilità, lì possiamo mettere in campo la nostra forza”.

“La fede – ha proseguito ancora il vescovo di Lamezia –  aiuta non perché rappresenta una sorta di profilassi contro il male, contro la sofferenza. La fede non aiuta perché fa sperare – chiedo scusa per la crudezza – in una “ricrescita delle gambe”, ma perché mi dà una visione diversa della vita, una visione di speranza. Ci si può riorganizzare, ci si può impegnare per risorgere: abbiamo sentito parlare di lavoro, di sacrificio, di impegno. Nel caso di Giusy, è questo il verbo più adatto, perché rimanda al rimettersi in piedi, allo stare in piedi”.

“Attraverso il limite – ha concluso Parisi –  l’uomo guarda a sé stesso nella propria dimensione. Questa è una grande lezione di vita”