“Ringrazio tutti voi che mettete a servizio delle persone ammalate la vostra professionalità. E, accanto a voi, i volontari, i familiari, tutti coloro che, in modo diverso, si relazionano all’ammalato per raggiungere un successo sulla malattia. E rivolgo un pensiero alle persone ammalate: in una “economia sommersa della Grazia”, come la chiamava don Tonino Bello, con la loro sofferenza loro aiutano noi ad affrontare la vita, ci danno forza per lottare anche per loro, per dare alla loro vita un’aggiunta di futuro”.

Così il vescovo monsignor Serafino Parisi che, in vista del Santo Natale, ha presieduto l’Eucaristia nel reparto di oncologia dell’Ospedale “S. Giovanni Paolo II” di Lamezia Terme, alla presenza dei medici, degli operatori sanitari e dei volontari del nosocomio lametino.

Una riflessione intensa sul senso della sofferenza e della malattia, quella del presule, nella consapevolezza che “tutti coloro che sono accanto all’ammalato, vorrebbero raggiungere un successo sulla malattia. Ma il successo non sempre arriva, gli sforzi e i progressi della scienza e della medicina spesso si scontrano con un muro che sembra invalicabile. E allora sorge la domanda: che senso ha prodigarsi? Il senso è “nel mezzo”, è nella cura che i medici, gli operatori sanitari, i volontari e i familiari offrono alla persona che si trova nella condizione di malattia. Il senso è nell’accogliere l’ammalato come persona, il senso è nella cura che si offre all’altro. Il senso è fare in modo che in quella condizione – condizione che potrebbe essere anche la nostra –  la persona possa sentirsi non come un peso, ma curata così come si cura la carne stessa di Cristo”.

La realtà della sofferenza – ha proseguito monsignor Parisi – “ci porta a reimpostare il nostro modo di ragionare. In un mondo che punta tutto sull’efficienza, al punto che chi non è produttivo quasi “non ha motivo di esistere”, la sofferenza ci dice che non c’è solo un uomo che produce, non c’è solo l’uomo che riesce a spiegarsi e a comprendere ogni cosa;  la malattia ci dice che l’uomo che soffre è persona umana  e va guardata con gli stessi occhi di Dio”.

“Prendersi cura della persona – ha concluso Parisi – ha una finalità precisa: dare all’altro la visione del proprio futuro, sostenere l’altro ad affrontare l’avvenire. Questo è il grande compito che avete, anche nei pochi giorni di vita che, a volte, possono restare a una persona. Siamo chiamati a sostenere, a curare le piaghe, a dare speranza. Affidiamo questo vostro impegno al Signore perché, su tutti noi e sui nostri fratelli ammalati, possa ricadere come benedizione di speranza”.

A portare il saluto del personale ospedaliero e dei volontari del reparto, la dottoressa Peppina Molinaro che ha ringraziato il vescovo per la sua presenza e l’incoraggiamento nella loro missione. Accompagnato dal direttore dell’ufficio diocesano di pastorale per la salute don Francesco Farina e dal cappellano del nosocomio padre Giuseppe Ferrara, il vescovo Serafino si è recato negli altri reparti per incontrare i degenti e il personale.

Salvatore D’Elia