“Gli auguri che vi faccio sono quelli di poter avere sempre entusiasmo nella vita. Stiamo uscendo dalla pandemia e mi piacerebbe che ci fosse un’altra pandemia che diventasse endemica: la pandemia dell’entusiasmo che, anziché farci chiudere, ci farebbe uscire ed andare incontro agli altri”. Così il vescovo, monsignor Serafino Parisi, nel corso della concelebrazione eucaristica, da lui presieduta in Cattedrale in occasione della XXVII Giornata mondiale della Vita Consacrata, rivolgendosi ai religiosi ed alle religiose presenti sollecitandoli a vivere il Vangelo nella gioia: “Dentro la nostra vita – ha detto il Vescovo – il Signore arriva e colma l’attesa, risolve la vita. Ho appreso l’altro giorno che quelle persone non gratificate, sempre arrabbiate, si chiamano ‘persone non risolte’. Allora, il Signore viene e risolve la nostra vita, la colma, la riempie di quel senso che è stato alimentato nell’attesa. Se non ci fosse stata quell’attesa, non ci sarebbe stata la gioia esplosiva dell’incontro con il Signore. E che cosa è la consacrazione se non la gioia esplosiva dell’incontro con il Signore? E l’altro che deve vedere dentro di me? Nella nostra vita, nella nostra testimonianza, deve vedere la frenesia dell’attesa. Frenetici nel volere incontrare il Signore, non statici, non demotivati, non tristi. È il Signore che si fa abbracciare da noi: viene verso di noi e noi lo portiamo in alto e lo mostriamo in alto perché è compimento di Dio”.

“Sono convinto – ha proseguito monsignor Parisi – che i vostri fondatori abbiano messo come carisma dei vostri ordini, istituti, congregazioni, la nota che non fa parte del vostro carisma la tristezza: dovremmo sprizzare gioia da tutte le parti, invece, siamo presi da altre cose, ci perdiamo nelle chiacchiere. La gioia è profezia che attrae gli altri. Il Vangelo è gioia. Evangelo vuol dire annuncio di gioia per la salvezza operata da Dio in Gesù Cristo. Non sto parlando del sorriso degli sciocchi, ma della gioia del cuore, un cuore realizzato, una vita risolta, un’esistenza gratificata dall’incontro con il Signore e dalla testimonianza di gioia che scaturisce da questo incontro e che devo dare agli altri. Anzi, che gli altri si aspettano da me”.

Quindi, ha indicato il vecchio Simeone come la figura simbolo che meglio di altre rappresenta, “nella sua testimonianza, il credente che, ad un certo punto della sua vita, decide di consacrarsi totalmente al Signore. Ci sono le tappe della vita di chi crede e ci sono le tappe della vita del consacrato. Una tappa della vita del consacrato è quella che nel Vangelo di oggi viene rappresentata come la costante di Simeone: è la decisione di aspettare. Cioè la condizione dell’attesa, dell’andare verso l’altro. L’attesa  – ha proseguito il Vescovo – dà a noi che siamo consacrati la possibilità di sentirci arrivati, di sentirci perfetti. Invece, dobbiamo recuperare, se l’abbiamo perso, questo, stile dell’attesa o custodirlo se lo abbiamo ancora. È dentro questa attesa che si alimenta la voglia la capacità di volere incontrare il Signore. Ma come arriveremo a questo momento? Con l’entusiasmo solido di chi continua a desiderare il Signore. Attesa non è paralisi. Chi attende è in movimento”.

Ad apertura della celebrazione eucaristica, il delegato per la vita consacrata, padre Giuseppe Martinelli, che ha parlato della vita consacrata come di un “dono alla Chiesa”, ha sottolineato che “il carisma di una famiglia religiosa non è un patrimonio chiuso che bisogna custodire, ma deve diventare il segno di una vita che diventa missionaria. Vogliamo sempre riconoscere e confessare la nostra debolezza – ha aggiunto – , ma vogliamo anche narrare con forza e con gioia la santità e la vitalità che sono presenti nella vita consacrata. Sono diversi i consacrati che offrono un servizio generoso dentro questa Chiesa di Lamezia e immettono nei solchi di questa storia il fermento della fraternità”.

Da qui l’impegno dei consacrati, “a camminare con lei – ha detto rivolgendosi a  monsignor Serafino Parisi – e con tutta la Chiesa di Lamezia, con una maggiore consapevolezza di donne e uomini consacrati, aperti alla collaborazione con tutti nella fedeltà al carisma dei Fondatori, attenti alle esigenze dei tempi nuovi, entusiasti nell’attuare coraggiosamente una nuova evangelizzazione alla luce del suo magistero. Ringraziamo il buon Dio che sostiene con la sua provvidenza il nostro ‘sì’ alla sua Chiamata, e vogliamo anche ringraziare i tanti sacerdoti, diocesani cha hanno accolto nelle loro comunità parrocchiali la vita religiosa. Affidiamo al Signore della storia i religiosi e religiose che attraversano un momento difficile e di crisi, preghiamo per coloro che vivono il tempo della malattia. Eccellenza – ha concluso padre Giuseppe – , ci segua con la sua paterna benevolenza e la sua preghiera, affinché i nostri Istituti, siano la ‘città sul monte’ che dice la verità e la potenza delle parole di Gesù”.

Di “occasione di ringraziamento al Signore per il dono della vita religiosa”, invece, ha parlato suor Elisabetta Torini, segretaria Usmi della Diocesi, invitando anche a pregare “per il Santo Padre Francesco che, proprio in questi giorni, si trova nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan dove tanti consacrati e consacrate svolgono la loro missione in contesti di povertà e marginalità sociale. In ogni parte del mondo – ha aggiunto – la vita consacrata risponde alla chiamata a portare la testimonianza del Vangelo prendendosi cura dei più fragili, di chi è vittima di ingiustizie e diseguaglianze sociali, compiendo gesti di solidarietà, impegnandosi nella costruzione di un futuro di pace e di un mondo in cui tutti possano riconoscersi fratelli e sorelle”.

 

Saveria Maria Gigliotti