Con una solenne concelebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi, è stata riaperta la chiesa di Domenico, al termine dei lavori di ristrutturazione e restauro durati poco più di un anno e mezzo. Il progetto “Recupero degli intonaci per danni umidità di risalita e consolidamento dell’intradosso della volta in camorcanna” è stato finanziato per il 70% dai fondi Cei 8xmille destinati all’edilizia di culto e, per la restante parte, dal libero contributo dei fedeli.

Una riapertura avvenuta nello stesso giorno del venticinquesimo anniversario di ordinazione sacerdotale del parroco, don Antonio Brando. Sempre nella data di oggi, numerosi sacerdoti e diaconi lametini hanno celebrato l’anniversario di ordinazione sacerdotale e diaconale.

Commentando la liturgia della trentesima domenica del tempo ordinario, il vescovo Parisi ha evidenziato come “il Signore ci dona una Legge che ci viene consegnata come una sorta di “carta di solidarietà”, per preservare la vita come dono di Dio da proteggere, da mettere al primo posto. Il principio nuovo che “sconvolge” i criteri ancestrali, spesso basati sui legami di sangue, è la possibilità per l’uomo di diventare responsabile della vita dell’altro. Il Signore ci chiama a interpretare la nostra vita non come un’esistenza autarchica, incentrata su noi stessi, ma come un’esistenza che scopre il suo senso nella misura in cui si apre all’altro. Se Dio presenta la sua essenza, il suo stesso nome come “Misericordia”, l’uomo non può essere da meno. Solo su questi principi possiamo costruire una comunità che sia veramente tale, che poggi su un’apertura alle esigenze, alle attese e alle speranze degli altri”.

“Al dottore della Legge – ha proseguito Parisi – che domanda a Gesù  qual è il grande comandamento, il Signore risponde indicando tre elementi tra di loro legati e inscindibili: ascoltare, non un ascolto passivo ma un atteggiamento di silenzio che accoglie la Parola capace di fecondare la mia vita; amare il Signore di un amore che non è fatto di gesti rituali, ma coinvolge l’uomo nella sua totalità, che prende tutta la sua esistenza; l’amore per Dio ha come “banco di prova” l’amore per il fratello, per il prossimo. Non, dunque, una legge rigida, bloccata, ma aperta alla vita dell’altro, alla pienezza della vita dell’altro”.

Il vescovo Parisi, ricordando all’inizio della celebrazione il quarantunesimo anniversario di ordinazione episcopale di monsignor Vincenzo Rimedio che ha concelebrato l’Eucaristia e l’anniversario di ordinazione sacerdotale e diaconale di numerosi sacerdoti e diaconi, ha rivolto loro un augurio affinché “il senso del nostro servizio possa essere quello di avere un amore capace di vincere i meccanismi di individualismo, la dimensione privatistica della fede, per aprire il nostro amore per Dio agli altri. Un amore che sia capace di generare vita nuova, comunità nuove e rinnovate”.

Al termine della solenne concelebrazione, don Antonio Brando ha ringraziato tutti coloro che hanno seguito i lavori di restauro della Chiesa, a cominciare “dalla Conferenza Episcopale Italiana che, con i fondi 8xmille destinati all’edilizia di culto, ha contributo per il 70% ai lavori. È il contributo che tutti noi doniamo, attraverso il quale la chiesa italiana realizza diverse tipologie di opere e progetti” Dal parroco, un ringraziamento ai fedeli che hanno liberamente contribuito ai lavori, all’ufficio tecnico diocesano, alla direzione dei lavori, alla ditta che ha eseguito il restauro e alle diverse figure professionali che si sono susseguite.

Il presidente del consiglio comunale Giancarlo Nicotera, nel portare il saluto dell’amministrazione comunale, ha sottolineato l’importanza di aver restituito, in tempi brevi, alla città un luogo che non è solo un centro di spiritualità ma ha un immenso valore culturale e storico per la comunità lametina.

Diverse indagini conoscitive, all’interno e nella parte esterna della chiesa, hanno preceduto la parte centrale dei lavori che ha riguardato – solo per sottolinearne alcuni –  il recupero della volta, lo smontaggio del pavimento precedente, la ricostruzione, stuccatura e lucidatura dei marmi laterali, il recupero della parte bassa degli intonaci murali ammalorati ed intaccati dall’umidità di risalita, la pulizia delle pareti e la tinteggiatura delle parti basse con riprese di colore, la posa in opera del pavimento in marmo. Nella relazione tecnica, a firma del progettista, si sottolinea riguardo alla pavimentazione come si sia cercato di riportare “i segni della liturgia post conciliare nel rispetto delle indicazioni domenicane originarie. Per questo, seguendo le indicazioni liturgiche, si è valutata l’idea un pavimento semplice ed uniforme, con colori riferibili al pavimento precedente, ma che sappia ricordare i percorsi processionali, i fuochi, le memorie cristiane e le liturgie, segnando senza disegnare. Un pavimento che sia adeguato alle disposizioni dell’assemblea nell’impianto liturgico “a via” della chiesa ma che conservi in sé la memoria dell’impianto architettonico domenicano.”

Ogni fase dei lavori – si legge sempre nella relazione tecnica – è stata condivisa dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici. Da un’indagine sulle pitture e sugli intonaci, autorizzata dalla stessa Soprintendenza, è emersa con evidenza, ancora una volta, come la settecentesca chiesa voluta dai frati domenicani a Nicastro sia un vero e proprio gioiello dell’architettura.

Salvatore D’Elia