La vita cristiana non è una dottrina o un insieme di norme da osservare. Il cristianesimo è un avvenimento prima che una dottrina: è l’incontro personale con Gesù! L’esperienza di don Leonardo Diaco parroco di S. Maria Maggiore

Di questo ne ho fatto esperienza sin da giovane nella mia comunità parrocchiale di origine, assumendone sempre di più coscienza e consapevolezza, l’ho riscontrato nel mio cammino di fede, nel mio percorso di discernimento vocazionale, nel tempo del seminario, quando con entusiasmo muovevo i primi passi da presbitero, ed è diventato un punto fermo in questi che sono gli anni della piena maturità di vita di consacrazione, avendo l’anno scorso festeggiato il 25° di ordinazione. Guido la parrocchia di Santa Maria Maggiore da 15 anni, anni intensi, pieni e con fasi diverse, per via di impegni di una certa consistenza anche in diocesi, ma anche per un periodo segnato da condizioni precarie di salute. Ora la vita della comunità vive una sua stabilità, una sua struttura, ha dei ritmi, mostra, seppur in un frangente non semplice, una certa vitalità. L’obiettivo che tentiamo di perseguire in parrocchia, con i vari appuntamenti della pastorale della catechesi e dell’annuncio, è di metter(ci)  non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù. E’ la comunione con Lui che spinge il credente a unirsi con tutto ciò con cui Gesù stesso era profondamente unito: con suo Padre con la Chiesa e con gli uomini.  Con l’incarnazione Dio si è dato un volto umano; pertanto, per far conoscere il volto di Dio cerchiamo di guardare a Gesù mettendolo come principio e meta di ogni attività. Quante volte nel vangelo risuona la proposta: “Vieni e vedi!” . Non v’è dubbio che l’incontro personale, come l’amicizia hanno bisogno della vicinanza. Gesù stesso ha scelto i Dodici con lo scopo primario che ‘stessero con lui’, cioè condividessero la sua vita e imparassero direttamente da lui non solo lo stile del suo comportamento, ma soprattutto chi davvero lui fosse. Paolo scrivendo agli abitanti di Efeso ricorda che l’importante è ‘imparare il Cristo’ . Non solo ascoltare i suoi insegnamenti, quanto ancor più conoscere la sua umanità e divinità, il suo mistero, la sua bellezza. Solo l’intimità, la familiarità, la consuetudine ci fanno scoprire la vera identità di Gesù Cristo.

Come potremmo conoscerlo rimanendo lontani?

Dagli insegnamenti di Gesù è facile dedurre che è possibile comprenderlo non solo mediante ciò che dice, ma ancora di più mediante ciò che semplicemente lui è.  Il tentativo, che con le suore e i laici corresponsabili cerchiamo di realizzare è costruire una comunità che sia accogliente, empatica, capace di costruire relazioni belle, gioiose, fraterne. Seguendo un po’ lo stile indicato da papa Francesco in Evangelii gaudium, la Messa si vive se si hanno i motivi per festeggiare, importante è allora curare tutto ciò che precede. il primerear cioè prendere l’iniziativa, favorendo chiunque in questo, affiancare, accompagnare, far fruttare e dunque celebrare.

Ma dove incontrare Cristo?

Egli è presente nel cuore del creato, nella eucarestia, nei sacramenti, soprattutto quello del perdono, nella sua Parola perché è il Verbo fatto carne, nella Chiesa, che continua la sua missione e a vivere e operare in mezzo a noi, nel più piccolo dei fratelli. Una delle fatiche più grandi per la pastorale, ma che è anche la sfida affascinante, è favorire e realizzare luoghi di accoglienza e identificazione.

Si può educare al senso di appartenenza? Su quale immagine di Chiesa vogliamo favorire l’appartenenza?

L’educazione al senso di appartenenza ad una realtà si esprime attraverso l’identificazione che essa sa suscitare, è infatti un processo che spinge la persona a far propri valori e progetti in un vissuto affettivo sorto per  il suo inserimento in una situazione concreta. L’appartenenza è come il risultato dell’identificazione Si richiede prima di tutto un minimo di interazioni dell’individuo con la comunità a cui si vuole appartenere, condivisione degli obiettivi, accettazione dello stile e dei ruoli.  fino a definire progressivamente in essi il personale progetto di vita. E questo suppone l’inserimento in una trama di relazioni libere e adulte, nelle quali ci si sente accolto e integrato.

Primo ambito…la sacramentalità.

È la dimensione centrale della comunità: nei documenti conciliari, infatti, la Chiesa si autoproclama «universale sacramento di salvezza» essa è radicalmente il dono di pienezza di vita che il Padre, in Gesù Cristo e per lo Spirito Santo, comunica all’uomo. Di questa salvezza la Chiesa è sacramento. Anche questo aspetto richiede una verifica puntuale, per evitare il rischio di vanificare la missione della Chiesa o di enfatizzarla troppo. La tradizione cristiana afferma che nei sacramenti Dio è presente ed agisce efficacemente, il coinvolgimento è una esperienza privilegiata della comunicazione di Dio, l’uomo, reso attento all’appello e alla grazia dell’autocomunicazione divina, in forza del sacramento che gli è stato offerto, può decidersi per la salvezza.

E’ soprattutto su questo coinvolgimento che puntiamo, avendo a cuore la vita delle famiglie: centri di ascolto nelle case, visite periodiche, condivisione con i genitori del cammino di iniziazione cristiana dei ragazzi, preparazione al sacramento del matrimonio, coinvolgimento delle famiglie nelle attività estive, campi, grest estivi, iniziative dei tempi forti, e ancora sportello di ascolto della caritas, gruppi di servizio, gruppi di interesse. Con i genitori abbiamo ideato un progetto di formazione che ha camminato parallelamente a quello dei ragazzi, mettendo insieme parola di Dio, arte e aspetti psicologici. Un sentiero interessantissimo, certo se reso stabile ed affinato nei particolari della proposta, può produrre ancora più frutti. I sacramenti sono come una «esplosione simbolica» nella storia personale e collettiva della grazia. Ricercano, sostengono la sacramentalità diffusa nella vita quotidiana, la rendono trasparente, e per questo la pongono più intensamente davanti alla decisione del credente.

La fatica di comunicare nella diversità.

Il secondo ambito sollecita a riconoscere e vivere nella chiesa come il luogo di amicizia, solidarietà, fraternità,  «comunione»  tra gente impegnata per la causa del Regno. La comunità realizza sempre una «difficile» comunione. Per questo motivo le iniziative intraprese non sono mai dei singoli, ma di persone che lavorano insieme, non il catechista ma il gruppo dei catechisti, non chi legge ma il gruppo dei lettori, non chi si occupa del coordinare la liturgia ma il gruppo liturgico, non chi tiene la cassa ma consiglio per gli affari economici, non il volontario ma il gruppo caritas, non battitori liberi ma consiglio pastorale parrocchiale. Lavorare insieme, preparare le cose insieme, progettare insieme, sicuramente prende più tempo, ma genera costruisce e rafforza la comunità. L’unità è il dono dello Spirito, preesiste all’impegno di costruire comunione, lo sostiene e lo sollecita. Ma, come la salvezza di cui è segno privilegiato, resta un compito da realizzare. L’unità, nella Chiesa, è come un grande sogno di futuro, collocato sempre oltre ogni passo fatto e ogni traguardo raggiunto. Attorno a Gesù nasce l’unità nella comunità. Ma trova ragione, nello stesso tempo, la diversità di vedute e di azioni. L’unità si costruisce attorno alla condivisione di un progetto unico e fondamentale: la passione per il Regno. La diversificazione è la traduzione concreta di questo progetto condiviso: una diversificazione molto ampia perché gli impegni necessari sono molti e sempre differenziati, come sono differenti le espressioni concrete dell’unica vocazione.

Il linguaggio della fede

Il terzo ambito attraversa un altro terreno tutt’altro che agevole.
L’esperienza di fede “costringe” il credente al coraggio di una decisione personale e a volte solitaria. Per la verità e l’autenticità di ogni espressione personale, l’atteggiamento con cui il credente esprime la sua esperienza di fede segna i contenuti della sua fede ecclesiale. La decisione e l’accoglienza dei contenuti oggettivi dell’esistenza cristiana risentono perciò della frammentarietà e della differenziazione soggettiva che caratterizzano ogni conoscenza storica. Anche nel confronto, amorevole e disponibile, con la formulazione ufficiale della fede ecclesiale, il credente dice la sua fede con le sue parole e nella risonanza suscitata dalla sua esperienza vitale.
La ricostruzione di un’accoglienza, rispettosa e matura, della fede oggettiva della Chiesa e della testimonianza del magistero, comporta un processo di crescita continua. Per favorire questa prospettiva, in comunità sono molti i momenti che hanno la Parola al centro, catechesi bibliche, esercizi spirituali annuali, predicazioni, ritiri mensili: il singolo credente e la comunità ecclesiale sono chiamati a misurarsi sulla via verso il Regno. nell’esperienza cristiana il criterio di verifica è offerto dalla condivisione, appassionata e operosa, della causa di Gesù, attraverso uno studio una preghiera e una meditazione costante delle Scritture. La sfida è costruire una comunità ecclesiale capace di accoglienza incondizionata, per crescere in essa, nella festa e nel servizio alla vita. Spesso la nostra vita non è proprio come dovrebbe essere. Cerchiamo impegno e coerenza, e ci ritroviamo a fare i conti con in nostri tradimenti. Ci sentiamo dentro la comunità, accolti e protetti dal suo grembo materno. Forse non conosciamo ancora tutti i contenuti dell’esistenza cristiana che la comunità propone. Forse siamo attraversati da dubbi e incertezze. Resta però il dato fondamentale: viviamo dentro la comunità.

L’itinerario di formazione è tutto centrato sul gruppo. Lo considero un luogo privilegiato per vivere nella Chiesa e costituisce anche un’opportunità per gli educatori di assicurare esperienze per i lontani. Dalla dispersione allo stare assieme per una piccola causa, come può essere la preparazione a ricevere un sacramento o un’attività da realizzare,  per permettere un’iniziale esperienza di comunione, mirata su un progetto che vada oltre il semplice 2consumo”. Nella vita di un gruppo tutto può servire per iniziare il processo di aggregazione e il suo consolidamento in espressioni più mature e profonde. L’educatore accorto, che crede all’educazione anche quando fa educazione alla fede, prende atto di questa trama spontanea di relazioni, ne sostiene e sollecita il progressivo sviluppo.

La nostra comunità segna una vera sintonia tra lo stare assieme e la causa del Regno.

E’ una la comunità dove si fa esperienza di aggregazione e di impegno, vicina, sperimentabile, coinvolgente. essa è già vera esperienza ecclesiale. Attraverso l’identificazione con questa concreta esperienza di comunità, nasce, viene sostenuta e progressivamente ampliata l’appartenenza alla Chiesa.

Don Leonardo Diaco

parroco di Santa Maria Maggiore

 

 

 

 

 

Storie come quella di don Leonardo sono possibili grazie al sostegno di tanti fedeli all’opera dei sacerdoti che, ogni giorno, sono a servizio delle loro comunità.

Visita il sito www.unitineldono.it per donare e leggere altre storie di sacerdoti
Se sei interessato a ricevere la newsletter mensile di Uniti nel Dono, iscriviti andando sul sito www.unitineldono.it 

 

Per maggiori informazioni:

https://www.unitineldono.it/

https://www.facebook.com/unitineldono

https://twitter.com/Uniti_nel_dono

https://www.instagram.com/unitineldono/