“É con lo sguardo di Gesù Cristo che dovremmo provare a guardare la nostra storia, tutta la nostra umanità. Lasciamoci raggiungere da questo sguardo, il Suo, per guardare in Lui, con Lui, per Lui… Siamo suoi discepoli e come tali vogliamo prima di tutto pensarci; avviciniamoci a Cristo, per seguirlo ed imparare da Lui. È il Vangelo che bisogna ascoltare; è con il Vangelo che occorre misurarsi ed è con il Vangelo che bisogna fare i conti, non per scoraggiarsi, ma al contrario per ritrovare freschezza, energia, entusiasmo”.

Carissimo Padre Vescovo Giuseppe,

Reverendissime Eccellenze,

Gentili autorità civili e militari,

Sorelle e Fratelli tutti,

con queste parole vostra eccellenza, al termine della Santa Messa celebrata nel cuore della nostra Città quell’indimenticabile 6 luglio 2019, giorno in cui la Chiesa guarda alla nascita al cielo di quella grande piccola donna che fu Maria Goretti, scelse di entrare, quasi in punta di piedi, con quella rispettosa delicatezza che abbiamo poi avuto modo di constatare essere la qualità distintiva del suo agire, nella vita di questa diocesi, delle sue comunità parrocchiali, delle associazioni, dei movimenti, dei gruppi, della società civile: in buona sostanza nella vita di ciascuno di noi!

Assimilare lo sguardo di Cristo sulla storia per leggerla con i suoi occhi!

Mai avremmo potuto solo immaginare che queste parole avremmo dovuto imparare a farle nostre come Chiesa locale e come via pastorale da percorrere nel breve tempo di tre anni, breve sì, ma sicuramente intensissimo se letti con gli occhi della fede!

Occhi fissati in quello sguardo di Cristo che vede con la luce dell’amore del Padre e che ci chiama a stare dentro la storia in quell’atteggiamento risolutivo che è la fiducia nella Sua Provvidenza, sottile filigrana d’oro che lega tra di loro gli eventi della storia umana trasformandola, nell’amore, in storia di salvezza: perché Dio sa quello che fa!

Eccellenza: è quello sguardo di cui adesso sentiamo di avere bisogno nel momento in cui da lei ci congediamo e con la stessa fede ci predisponiamo ad accogliere, in quella meravigliosa realtà ecclesiale che è la successione apostolica, il nostro nuovo Vescovo Serafino al quale, fin d’ora, assicuriamo la nostra filiale preghiera e il nostro più sincero affetto.

“Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio. Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona, con amore, specialmente dei bambini, dei vecchi, di coloro che sono più fragili e che spesso sono nella periferia del nostro cuore.”

Queste parole del Santo Padre Francesco, ci vengono in aiuto , carissimo Padre, nel provare a riassumere sinteticamente, ma nella oggettiva verità, quello che in questo momento abita il nostro cuore di Chiesa e di discepoli del Risorto per farne motivo della nostra lode e gratitudine a Dio non solo ripensando alla sua significativa presenza qui con noi a Lamezia ma, soprattutto, a che cosa in questo pezzo di strada con lei condiviso Dio ha voluto dirci.

Sono stati anni, quelli del suo servizio episcopale in mezzo a noi, non sicuramente facili perché anzitutto oggettivamente, e indipendentemente dalla volontà di ciascuno, non hanno permesso a nessuno di poter fare quello che avremmo voluto realizzare: tutti abbiamo dovuto reinventarci pastoralmente per continuare a custodire la fede dei nostri fratelli rimanendo però dentro la storia segnata dalla tragica pandemia da Coronavirus.

Inoltre a lei il Signore a un certo punto ha chiesto altro: l’offerta della sua sofferenza personale per la nostra vita, si, proprio come il buon pastore!

Ed è per questo che, anzitutto sentiamo di ringraziarla, eccellenza, perché in questi tre anni, senza fare alcun rumore ma rimanendo discreto fino al limite del silenzio, ci ha tutti amati di quell’amore che il grande Mons. Tonino Bello riassumeva così:

Amare, voce del verbo morire, significa decentrarsi. Uscire da sé. Dare senza chiedere. Soffrire per far cadere le squame dell’egoismo. Desiderare la felicità dell’altro. Rispettare il suo destino. E scomparire, quando ci si accorge di turbare la sua missione.

Senza rendersene conto, con il suo esempio e la sua testimonianza di vita ci ha ricordato come la missione della Chiesa non sempre si realizza secondo le nostre intuizioni o strategie pastorali che magari rischiano pure di potersi accontentare solo o principalmente di risultati roboanti ed esteriori, ma anche, e molto più coerentemente con la volontà di Dio, con quella misteriosa iniziativa (efficacemente pastorale) del proprio dolore offerto che alimenta l’economia sommersa della grazia. Sempre Mons. Bello ci ricorda, in questo senso, che la sofferenza tiene spiritualmente in piedi il mondo. Nella stessa misura in cui la passione di Gesù sorregge il cammino dell’universo verso il traguardo del Regno. E conclude ricordando che la nostra esistenza non è mai inutile.

Eccellenza!

Per sempre resterà nel nostro cuore inciso come con fuoco la sua mitezza, il suo profondo rispetto dell’altro, di chiunque altro; il suo paziente attendere quando il passo di qualcuno di noi non era abbastanza spedito perché appesantito dai lacci di logiche a volte non proprio evangeliche; il suo ostinato pensare positivo di chiunque; il suo amore per i più piccoli, i più fragili, per quelli che per gli altri non contano ma che sono preziosi davanti a Dio; il suo amore per questa chiesa che ha servito come un innamorato; il suo cercare la persona visitandola laddove essa vive; il suo desiderio di cercare soluzioni possibili e praticabili alle diverse necessità che si presentavano preoccupato unicamente di non sacrificare mai, nei limiti del possibile, il bene di tutte le persone in esse coinvolte; la disponibilità all’incontro e al dialogo sincero per trovare soluzioni capaci di risolvere efficacemente conflitti sociali nell’interesse del bene comune: atteggiamenti esistenziali che nascono da una sorta di regola di vita che lei si è dato … l’altro prima di me!

E cos’è questa se non una mirabile sintesi esistenziale di tutto il vangelo?

Per questo, in questa eucarestia, sentiamo di voler mettere nelle mani di Maria il nostro GRAZIE a Dio!

La sua presenza in mezzo a noi è stata pensata e voluta dalla Provvidenza di Dio per noi e sa Lui perché!

Certo è che non si è trattato di una parentesi ma di un tempo vivo, utile e significativo: a noi ora l’arduo compito di saperne fare tesoro senza disperdere quei semi di bene e di speranza che il buon Dio tramite il suo servizio episcopale ha voluto piantare in mezzo a noi e per il bene della nostra amata Chiesa lametina.

E’ una promessa che sentiamo di farle mentre continuiamo ad impegnarci a costruire il Regno di Dio dentro la città dell’uomo che vive a Lamezia da qui in avanti guidati dal Vescovo Serafino. E ci scusi, anche, per ogni singola sofferenza che abbiamo potuto in qualche modo arrecarle: la chiesa è una grande esperienza di povertà diceva il grande don Dossetti e noi ne siamo consapevoli!

Vorremmo, ora, carissimo padre farle dono di due cose: un’icona e una croce pettorale con sopra incisi i volti dei Santi Pietro e Paolo, nostri celesti patroni.

Sono solo piccoli segni che però hanno la pretesa di voler essere testimonianza del grande affetto che sentiamo di portarle e della gratitudine immensa per averci aperto innanzi , con il suo esempio di vita, la porta della fede.

Sentiamo di consegnare la sua persona e il suo ministero a Cristo per le mani di Maria.

Ci porti nel cuore e continui a pregare per noi nella certa speranza che ciò che in Cristo viene costruito rimane per sempre!

Grazie!!

 

Monsignor Giuseppe Angotti, delegato ad omnia