“Il Vangelo della solennità dell’Epifania domanda a ciascuno di noi: tu, da che parte stai? Dalla parte di Erode, chiuso al Mistero perché teme di perdere il terreno sotto i piedi se gli viene tolto il potere, o dalla parte dei Magi, di questi sapienti provenienti dal lontano Oriente, aperti al Mistero, che si mettono alla ricerca del Signore? Solo se ci mettiamo alla ricerca del Signore, siamo capaci di seguire vie che non immaginavamo; solo se siamo aperti al Mistero, come i Magi, troveremo il Signore”. Così il vescovo Serafino Parisi che ha presieduto il solenne pontificale dell’Epifania del Signore in Cattedrale.

Epifania che non è “il doppione del Natale” ma è la “manifestazione della gloria di Dio a tutte le genti nel Bambino di Betlemme”. Per il vescovo di Lamezia Terme, nella pagina evangelica che racconta la visita dei Magi, si contrappongono “due immagini di regalità. La regalità di Cristo e la regalità di Erode. Mentre noi, come i Magi, siamo invitati a metterci alla ricerca di Gesù per arrivare e godere della rivelazione del suo mistero di amore e di salvezza, Erode si sente spiazzato, teme di perdere il potere. Erode emerge in tutta la sua cattiveria, in tutto il suo livore: per lui non è soltanto lesa maestà sentire parlare di un re che è nato, ma è come se gli venisse tolto il senso stesso della propria esistenza. Gente come Erode se ne trova dappertutto, anche oggi: quelli che riescono a vivere soltanto se hanno un ruolo”.

Di fronte al Mistero di Dio che si rivela nel Bambino di Betlemme – ha sottolineato monsignor Parisi – “ci sono quelli “fisicamente” vicini, il re Erode e i sommi sacerdoti, che manifestano la loro chiusura al Mistero di Dio, la loro lontananza. E poi ci sono i Magi, che vengono da lontano, che sono aperti al Mistero, si mettono in ricerca e incontreranno il Signore”.

“La regalità di Cristo – ha proseguito il vescovo Parisi – è la regalità che si esercita come servizio, che non prende la vita degli altri ma dona la propria vita. Tra i doni dei magi non ci sono solo l’oro e l’incenso, simboli della regalità e della divinità, ma anche la mirra, l’unguento con cui si curavano i cadaveri: qui vi è già un’indicazione della morte di Gesù. L’Epifania è la festa di un Dio che si fa uomo e dice a tutte le genti, a tutta l’umanità, che in Cristo e nella forza del Vangelo tutti sono chiamati ad essere e vivere da figli di Dio. Nel Bambino che nasce, che morirà e risorgerà, tutta l’umanità scopre di essere amata da sempre da Dio e che l’unica forza che può trasformare l’umanità è quella dell’amore”. L’Epifania, dunque, “dice all’uomo: metti da parte i tuoi progetti, i tuoi calcoli. Apriti al Mistero, segui la stella”.

“Nel Bambino di Betlemme – ha concluso il vescovo – si rivela il piano di salvezza di Dio che vuole abbracciare tutta l’umanità. Un’umanità di figli, di eredi. Non sei più schiavo di te stesso, dei tuoi calcoli, ma sei figlio. E, se sei figlio, ti puoi fidare totalmente di questo Padre che in Gesù Cristo ti ha detto: io ti amo per sempre. Proviamo ad esercitare questa forma di forza: quella che si rivela nella debolezza del Bambino di Betlemme. Proviamoci! Sarà una storia nuova, saranno anni nuovi”.

Al termine della celebrazione, i fedeli sono stati invitati a compiere un gesto di adorazione di fronte all’immagine del Bambino di Betlemme.

Salvatore D’Elia