“La celebrazione dell’Eucaristia non è un semplice ricordo, non è semplice memoria, ma è memoriale: tutto ciò che è accaduto in quel momento, noi lo riviviamo. Nell’Eucaristia, l’Eternità si fa presente a noi, nel nostro spazio di umanità, e noi siamo coinvolti in prima persona, dentro il nostro presente. Oggi, adesso, qui, nel presente della nostra vita e della nostra storia.  Non siamo spettatori ma protagonisti di quell’opera della salvezza che continua a realizzarsi nel tempo. Quando sull’altare viene spezzato il pane e offerto il vino, è il Corpo e il Sangue di Cristo che torna a donarsi per noi come segno di quell’amore che è capace di trasformare il mondo e la storia”. Così il vescovo di Lamezia Terme monsignor Serafino Parisi che, in Cattedrale, ha presieduto la Messa in Coena Domini, aprendo le celebrazioni del Triduo Pasquale.

“Per noi credenti non ci sarebbe neppure bisogno di incoraggiarci ad andare a Messa: a volte sembra che dobbiamo fare chissà quali spot pubblicitari o si ricorre a chissà quali estrosità per attirare un po’  di gente – ha proseguito il vescovo Parisi – la forza dell’Eucaristia non ha bisogno del nostro protagonismo. Nella celebrazione il protagonismo va messo da parte perché, mettendo da parte noi stessi, possiamo dire che è il Signore ad investirci con la sua Parola e il suo amore, attraverso il nostro servizio. La forza dell’Eucaristia è nell’incontro con il Signore per questo va celebrato nella gioia, nella festa, come il passaggio di Dio tra le case e le tende del popolo d’Israele in Egitto, che leggiamo nel libro dell’Esodo”.

E proprio sul senso della gioia si è soffermato il presule, osservando come “spesso noi sacerdoti sembriamo arrabbiati con il mondo, come se tutti i problemi del mondo fossero sulle nostre spalle. Domandiamocelo: perché uno che non crede o è in ricerca dovrebbe venire nelle nostre comunità? Per angosciarsi ancora di più, incrociando il nostro sguardo triste, raccapricciato, impensierito? Noi partecipiamo alla celebrazione eucaristica non per fare un piacere a Dio, ma per prendere forza, per riprendere il respiro, per trarre il principio della nostra vita e del nostro agire nel mondo. Siamo chiamati a gioire perché l’incontro con il Signore non può che essere un incontro gioioso, pur con tutte le nostre cadute e i nostri limiti. Nel racconto evangelico di Giovanni, si parla anche di tradimento, di rinnegamento, di abbandono: tutto questo ci ricorda ciò che siamo, che siamo polvere  Ma nella celebrazione eucaristica noi possiamo incontrare il Signore e quindi possiamo gioire. E questa gioia dev’essere contagiosa, dobbiamo comunicarla agli altri”.

“Gesù non ha lavato solo i piedi ai suoi discepoli – ha proseguito Parisi –  ma ha indicato, ai suoi discepoli e a noi, la prospettiva dalla quale guardare il mondo. Non dobbiamo guardare il mondo dall’alto verso il basso, ma  chinati a terra, ai piedi dell’uomo; dobbiamo guardare il mondo dal basso verso l’alto. Questa è l’espressione piena dell’amore: la capacità di dire all’uomo che è per terra che, guardando verso l’alto, l’umanità può essere risollevata. Questo è il servizio che siamo chiamati a dare all’umanità, a tutta l’umanità, Giuda compreso.  Quella sera Gesù ha lavato anche i piedi di Giuda e anche per lui lo sguardo si può innalzare dal basso verso l’alto, dalla terra verso il cielo.”

“La partecipazione all’Eucaristia – ha concluso il vescovo di Lamezia – è la gioia di sapere che il Signore Gesù si china  ai nostri piedi per lavarli, baciarli, e dire all’uomo che si può rialzare perché da Dio è considerato come figlio amato.”

Nel corso della celebrazione, si è rievocato il gesto della lavanda dei piedi. A rappresentare gli apostoli, sono stati scelti i sacerdoti anziani, i diaconi, alcuni giovani seminaristi. Al termine della celebrazione, si è tenuta la processione, presieduta dal vescovo, verso l’Altare della Reposizione.